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Tribunale di Lecce, sentenza n. 1419 del 13.05.2021


L'accordo raggiunto in mediazione su un diritte reale, pur se non trascritto nei registri immobiliari realizza comunque l'efficacia traslativa convenuta in mediazione.

Massima: Non può chiedere la divisione giudiziale di un immobile la parte attrice che antecedentemente alla causa ha raggiunto un accordo di mediazione, non trascritto nei registri immobiliari, nel quale ha ceduto alla convenuta la sua quota. Per il Tribunale bisogna scindere i due aspetti: l'accordo realizza quell'efficacia traslativa convenuta in sede di mediazione mentre la trascrizione, come sistema di pubblicità, produce il risultato di rendere opponibili a terzi gli effetti degli atti trascritti, sicché chi acquista validamente un diritto, ma non trascrive è titolare del diritto, però non può opporlo a terzi. In proposito giova premettere che per mediazione si intende l’intero procedimento, in tutte le sue fasi, con il quale le parti tentano di comporre una lite in modo alternativo a quello giudiziale. Una volta raggiunto l’accordo esso deve essere redatto per iscritto (processo verbale di mediazione), e sottoscritto dalle parti e dal mediatore. L’accordo di conciliazione ha infatti natura contrattuale e con esso le parti, a mezzo di proprie manifestazioni di volontà, regolamentano i propri interessi e pongono fine alla controversia. Tale accordo, pur avendo natura di negozio giuridico privato, essendo l’esito di un procedimento destinato alla risoluzione stragiudiziale di una controversia (anche con finalità deflattiva del contenzioso giudiziario), può beneficiare a fini processuali di una diversa e maggiore valenza rispetto alle altre scritture private formate in modo ordinario ed in particolare può beneficiare della efficacia di titolo esecutivo grazie alla attestazione di legalità degli avvocati delle parti, che consente appunto il dispiegarsi di tale efficacia, in alternativa all’intervento successivo del giudice in sede di volontaria giurisdizione. Tale attestazione di legalità mantiene, peraltro, funzioni e finalità completamente diverse dal controllo notarile necessario e previsto per la pubblicità legale laddove, come nel caso di specie, l’accordo abbia ad oggetto un negozio soggetto a trascrizione ex 2643 c.c. (ad esempio un contratto che trasferisca la proprietà o altro diritto reale), non bastando la certificazione del mediatore che non svolge la funzione di autentica, occorre invece l‘intervento di un pubblico ufficiale che autentichi le sottoscrizioni, ossia il notaio. La scelta del legislatore risulta pienamente coerente con il sistema di pubblicità immobiliare del nostro ordinamento giuridico, che si pone il precipuo scopo di garantire un controllo di legalità e di dare certezza a tutti i dati immessi nei pubblici registri in ossequio al principio di autenticità del titolo. In tal senso, viene in rilievo l’art. 2657 c.c., che considera unici titoli validi per la trascrizione le sentenze, gli atti pubblici o le scritture private autenticate o la cui sottoscrizione sia stata accertata giudizialmente. La certificazione del mediatore, infatti, non rende l’accordo idoneo né ai fini della eseguibilità (in quanto è necessaria l’omologa da parte del Presidente del Tribunale), nè ai fini della pubblicità immobiliare: a tal fine è sempre necessario l’intervento del notaio, non essendo sufficiente neanche quello del giudice dell’omologazione. Ciò detto, nel caso di specie, si rileva che quell’accordo pur se non trascritto nei registri immobiliari, ha comunque impegnato le parti realizzando quell’efficacia traslativa convenuta in sede di mediazione e per la quale era stato versato una parte del prezzo a titolo di caparra confirmatoria, con l’intesa delle parti di saldare la restante parte del prezzo. La trascrizione infatti, come sistema di pubblicità produce il risultato di rendere opponibili a terzi gli effetti degli atti trascritti, sicché chi acquista validamente un diritto, ma non trascrive è titolare del diritto, però non può opporlo a terzi.